"Finché viviamo abbiamo momenti d'essere, fatti di un presente che è in tutto eguale a quello del dopo, tranne che per la sua stabilità eterna: sono anticipazioni di una condizione, sono attimi di eternità." (24 novembre 2020)
Nel paesaggio letterario di Bao, la ricerca di senso non è mai finalizzata al raggiungimento di una meta precisa, ma diventa piuttosto un vagabondaggio contemplativo dove il percorso stesso si trasforma in destinazione:
C'è una strada
che non porta a niente.
Mi va di farla.
Questo haikyou del 2010 cristallizza un approccio esistenziale che attraversa tutta l'opera di Bao: l'accettazione gioiosa dell'inutilità apparente, la scelta deliberata del percorso che non promette altro che se stesso. È l'antitesi della modernità produttivista, un atto di resistenza poetica che trova nel camminare senza scopo la propria ragion d'essere.
"Dovremmo gioirne, dunque, anche e soprattutto quando sfumano, si dissolvono, perché quando li percepiamo vuol dire che siamo e viviamo, mentre quando saremo non vivremo più: l'eternità è incorporea - e a me piacciono ancora il salame, la gardenia, Bach, il tuo meraviglioso viso e l'indescrivibile alba." (24 novembre 2020)
Il pensiero di Bao si muove costantemente tra la dimensione trascendente e quella profondamente terrena, riuscendo a trovare nella quotidianità più semplice gli indizi dell'infinito:
Mentre albeggia
Lavo la caffettiera
Ascoltando Bach
L'alba, la caffettiera, Bach: tre elementi apparentemente slegati che nel gesto quotidiano si fondono in un momento di grazia. Non c'è gerarchia tra il sublime e l'ordinario, tra la musica celestiale del compositore tedesco e il rumore dell'acqua nella caffettiera. È il "mentre" - quella congiunzione temporale che indica simultaneità - a creare la magia: tutto accade nello stesso istante, tutto partecipa della stessa dignità ontologica. (31 marzo 2014)
"Quando nuove righe note e movimenti occuperanno il suo futuro presente, quelle assunte oggi torneranno, non più sotto forma di informazioni specifiche e puntuali - come nodi croccanti appena intrecciati -, ma come un tappeto lento, la cui trama è la loro annodatura." (BaoBiographia / 8, 14 febbraio 2017)
La concezione della memoria in Bao è tattile, artigianale. I ricordi non sono depositi statici ma diventano tessuto vivente, trama che si forma attraverso l'intreccio paziente delle esperienze. È una visione profondamente antipsicologica della memoria, che supera la dicotomia tra ricordo conscio e inconscio per abbracciare una dimensione quasi fisica del passato che continua a vivere:
Mille quaderni
D'impronte digitali;
Il mio romanzo.
L'haikyou svela il segreto dell'autobiografia: non sono le parole scritte a costituire la vera narrazione di sé, ma le tracce, i segni involontari, le impronte che lasciamo toccando le pagine. Il romanzo della vita si scrive attraverso il contatto, non attraverso l'intenzione narrativa. (7 novembre 2017)
"MANGIAFUOCO è un Cantico, una Cantata in ammirato timore della natura, un Oratorio dove le voci di fuori incontrano quelle di dentro, purché ci si predisponga lasciandosi tacere, facendosi ascolto: una sgombra azione scenica, un teatro dell'Anima, una sospensione." (5 gennaio 2016)
La natura per Bao non è mai mero paesaggio, ma sempre evento sonoro, composizione musicale che richiede un ascolto attivo. Il silenzio non è assenza di suono ma condizione necessaria perché il suono possa emergere:
Non Più Parole,
Forse Nemmeno Gesti:
Suona, Silenzio !
Scritto a Kyoto il 28 aprile 2014, questo haikyou cattura l'essenza della poetica di Bao: la rinuncia progressiva agli strumenti espressivi più evidenti (parole, gesti) per giungere alla forma più pura di comunicazione, quella in cui è il silenzio stesso a diventare musica. Non è negazione della parola, ma superamento della parola nella direzione di una comunicazione più diretta, più essenziale.